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La delicata situazione in Ucraina/6

di Mirko Spadoni

yulia_tymoshenkoKiev fa quel che fino ad ora Mosca non ha voluto fare: un passo indietro. “Il Consiglio di sicurezza nazionale e di difesa – ha annunciato lunedì il presidente ad interim, Olexander Turchynov – ha ordinato al ministero della Difesa di riposizionare le unità militari”, ordinandogli di abbandonare la Crimea. Una decisione dettata dall’aggressività dei miliziani filorussi, che avevano messo a rischio la sicurezza dei soldati ucraini e dei loro familiari. A farne le spese è stato il ministro della Difesa ucraina ad interim, Igor Tenyukh, dimessosi nella giornata di martedì e immediatamente sostituito dal generale Mykhailo Koval, la cui nomina è stata approvata dalla Verkhovna Rada con 228 voti a favore. La penisola, che si affaccia sul Mar Nero, passa così sotto il controllo completo di Mosca. La cui moneta (il rublo) da lunedì viene utilizzata per i “pagamenti, le pensioni e i salari”, come aveva già annunciato qualche giorno fa il presidente del Parlamento di Simferopoli, Vladimir Konstantinov. Un processo di integrazione inarrestabile e legittimato dal risultato del referendum del 16 marzo scorso, quando il 96,6% degli elettori si è detto favorevole all’unione con la Russia. La votazione è stata però condannata da una parte della comunità internazionale: “Condanniamo – si legge infatti nel comunicato finale dei G7, riunitosi all’Aja tra lunedì e martedì – il referendum illegale che si è tenuto in Crimea in violazione della costituzione ucraina. Condanniamo anche con forza il tentativo illegale della Russia di annettere la Crimea”. Alla condanna è seguita poi una sospensione implicita – e non un’espulsione (termine mai utilizzato nella nota) – della Russia dal G8, fino a quando Mosca “non cambierà percorso”. Perché implicita? Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti si limitano a non partecipare “al previsto incontro di Sochi”, aggiungendo “che il G7 si incontrerà a giugno a Bruxelles, per discutere modi di rafforzare la nostra sicurezza energetica collettiva”.
Ma al Cremlino non ne hanno fatto un dramma, anzi. “Il G8 – ha osservato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov – è un club informale” e per questo motivo un’eventuale allontanamento non sarebbe “una tragedia”, visto che tutti i principali problemi possono essere discussi in altre sedi internazionali. Successivi invece alla sospensione del G8, gli avvertimenti del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. “Sta alla Russia (“una potenza – definita da Obama stesso – regionale”) agire in modo responsabile dimostrandosi disponibile a rispettare le norme internazionali: se non lo farà – ha ribadito, parlando martedì a margine di una conferenza all’Aja – dovrà aspettarsi costi ulteriori”. “Ci stiamo organizzando in modo ancora più intenso per fare in modo che – ha annunciato l’inquilino della Casa Bianca – ci siano piani di emergenza e tutti gli alleati abbiano delle garanzie. Agiremo in loro difesa qualunque cosa accada: questa è la Nato”. Dopo aver sottoscritto il 22 marzo la parte politica dell’Accordo di Associazione (Association agreement) con l’Unione europea, Kiev può contare anche sul sostegno dell’Alleanza Atlantica.
Aspetti da non trascurare e che potrebbero deteriorare ulteriormente le relazioni non certo idilliache tra il nuovo corso ucraino e il leader del Cremlino. Rapporti già difficili, come testimoniato anche dalla conversazione telefonica tra l’ex primo ministro Yulia Tymoshenko e il deputato del partito delle Regioni, Nestor Shufrich. “Sarei pronta – avrebbe detto Tymoshenko – a prendere in mano un mitra e sparare in fronte a questo sacco di m…. (Vladimir Putin, ndr)” oltre a proporre l’eliminazione “con armi nucleari” dei cittadini ucraini russofoni. “La telefonata – ha poi confermato su Twitter la diretta interessata – c’è stata. Però la parte sugli otto milioni di russi in Ucraina è un montaggio. In realtà ho detto: i russi in Ucraina sono ucraini. Un saluto ai Fsb (i servizi segreti russi, ndr). Scusate per il linguaggio osceno”. Ma la crisi ucraina rischia di avere ripercussioni – più o meno gravi, si vedrà – anche in un altro settore, quello energetico. Ci si chiede infatti se l’Europa potrebbe fare a meno del gas russo, da cui dipende per circa il 27% delle importazioni (130 miliardi metri cubi). Secondo lo studio Interactive chart: How Europe can replace Russian gas del think-tank Bruegel di Bruxelles, si tratta di “una sfida difficile, ma non impossibile” e che causerebbe qualche grattacapo – ed enormi perdite economiche (circa 70 miliardi di dollari all’anno, pari al 3% del pil russo) – a Mosca. Secondo gli analisti, l’Europa dovrebbe rivolgersi ad altri fornitori (la ricerca cita esplicitamente la Norvegia e il nord Africa, che al momento esportano verso il Vecchio Continente – rispettivamente – il 23% e l’8% del totale); ampliare l’utilizzo del gas naturale liquido; utilizzare altri combustibili e infine ridurre i consumi energetici. Lo studio sostiene che abbassando di 1,5° il riscaldamento in media ridurrebbe i consumi di gas del 10% (circa 19 miliardi di metri cubi). Nel nostro piccolo e come italiani soddisfiamo, importandolo dalla Russia, il 30% del nostro fabbisogno. E così, ha spiegato prima al Financial Times e poi al Corriere della Sera l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, “l’Italia riuscirebbe a gestire la situazione” anche in mancanza di gas russo. Discorso diverso per “l’Europa, troppo dipendente – spiega Scaroni – per fermare le importazioni nel breve termine”. Una nota di colore: visitando il sito del Cremlino, è possibile osservare una mappa della Federazione russa diversa rispetto a quella consultabile solo qualche giorno fa. Vi è incluso infatti un nuovo territorio: la Crimea, per l’appunto.

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